Se parlate con qualsiasi utente Internet con più di 40 anni e gli dovete dare un URL inizierà dicendo “www”, come se fosse una parte imprescindibile di un sito web.
In effetti un numero non indifferente di siti iniziano con www, come mai? È uno standard?
Vediamolo insieme in una nuova rubrica, che ho deciso di chiamare “retaggi del passato”!
Una base storico-sociale
Per la stragrande maggioranza degli utenti che oggi usano Internet il Web è il servizio con cui hanno praticamente la quasi totalità delle interazioni, escludendo l’e-mail (che, comunque, oggi viene spesso visualizzata via web). Il WWW era un’entità, c’era addirittura la canzone “www.mipiacitu”, divenuta simbolo dell’epoca, e poi c’era l’email.
Era così comprensibilissimo che, per usare il www, si anteponesse il www al dominio mentre, per l’e-mail no. Era, in un certo senso, lo standard “scelto” dal CERN per il suo primo sito web.
Ma non è standard, né obbligatorio
Ovviamente, www non è obbligatorio! Questo sito, ad esempio, non lo usa e se digitate “www.scikingpc.eu” verrete redirettati a “scikingpc.eu”. Infatti la formula “standard” per usare i protocolli del web sono “http://” e “https://” che, solitamente, vengono aggiunti dal browser (che, dato che serve a navigare sul WWW, può presumerlo), mentre il www è una scelta deliberata del sito, che può anche scegliere di usarlo secondariamente (come faccio io) o di non usarlo proprio!
Perché questa scelta?
Dobbiamo tornare agli anni ’90, quando il www era uno dei tanti servizi, magari un dominio aveva un server ftp, un sito gopher (un protocollo concorrente di http, oggi poco diffuso) e un mailserver. Ad oggi nulla vieta di averli su di un’unico IP in due modi:
- NAT: i servizi sono su macchine diverse di una rete locale/sala server ma sono esposti con un IP unico da un router
- Potenza bruta: si prende un server che funziona bene e si mettono su quello tutti i servizi
Tuttavia all’epoca tali sistemi erano ben più primordiali e, di solito, a un IP corrispondeva una macchina, magari nemmeno troppo potente.
Per com’è strutturato il DNS, ossia la “rubrica” di Internet, è praticamente impossibile dire “ok, il servizio X me lo metti sulla macchina Y mentre il servizio Z sulla macchina A”.
Così si faceva uso di sottodomini, magari il dominio “principale” veniva usato per il servizio più importante (come Telnet) e il resto veniva diviso, quindi era normale avere una configurazione del tipo:
- sitopre1993.it = Telnet
- ftp.sitopre1993.it = ftp
- www.sitopre1993.it = HTTP
- gopher.sitopre1993.it = gopher
- mail.sitopre1993.it = mailserver
E così via, penso di essermi spiegato. Ogni sottodominio poteva quindi avere un computer differente dietro e quello che offriva il www era solo uno dei tanti.
Ma, poi, www divenne il servizio prevalente e Internet smise di essere un posto noioso basato sui menù per divenire un posto interattivo basato sull’ipertesto.
Ma www è rimasto…
www, comunque, è restato a lungo, anche perché alcuni sistemisti all’antica ritenevano assolutamente corretto che, chi navigasse sul web, dovesse accedere a un server dedicato, così vari siti nemmeno funzionavano senza digitare www all’inizio. Così si rese necessario specificare bene e chiaramente il www all’inizio.
Però, poi, le cose cambiarono! Via via l’uso obbligatorio di “www” all’inizio di un sito è stato ritenuto deprecato (anche se un noto sito erotico ne fa ancora uso…) e un redirect da sito.dominio a www.sito.dominio quasi doveroso.
Alla fine gli internauti aumentavano ed erano meno istruiti: se negli anni ’90 tutti digitavano diligentemente gli URL, gli indirizzi per chi non lo sapesse, perché magari venivano dall’epoca di Telnet nel 2005 Internet era piena di giovani che cercavano MSN Messenger in chissà quali modi. Insomma, non c’era più il formalismo degli URL…
WWW è morto?
Ma oggi molti scelgono un’altra via: reindirizzare da www.sito.dominio a sito.dominio.
I più estremi, addirittura, eliminano direttamente il www. Pare, addirittura, che avere un sito confuso sulla propria identità sia un problema di SEO, cosa che quindi fa scattare l’allarme rosso presso vari editori.
Così, alla fine, è sorto un movimento che invece sostiene apertamente il www. Qui trovate i sostenitori del www, qui gli oppositori.
Chi ha ragione?
Bella domanda! Entrambi gli schieramenti hanno opinioni interessanti.
Le ragioni del sì
Chi sostiene che www vada mantenuto offre principalmente tre ragioni: una tecnica, una di sicurezza e una morale.
Quella tecnica è semplice: poniamo che il vostro sito diventi grosso, così tanto grosso da aver bisogno di più server. E, per una qualche ragione, uno dei vostri server sì ingolfa.
Cosa può fare il vostro hosting? Redirigere, sempre tramite i DNS, dal server ingolfato ad un server sano. Ciò si fa tramite un “record CNAME” ma tale record non può essere fatto su un dominio “nudo”, ossia potete dire di redirigere “www.scikingpc.eu” a “secondario.scikingpc.eu” ma non potete redirigere “scikingpc.eu” a “secondario.scikingpc.eu”, non via DNS. Certo, difficile che un sitarello diventi chissà che cosa, ma meglio prevenire che curare, no?
Quella di sicurezza riguarda i cookie: mettete di avere un sito con una parte statica e una dinamica, per velocizzare i caricamenti. Se usate www per la parte dinamica non c’è problema! I cookie saranno accessibili solo alla parte www. Ma se usate il dominio “nudo” anche la sezione statica potrà accedere ai cookie e ciò rischia di creare rallentamenti e problemi di cache, con conseguenti rischi di sicurezza.
Quella morale è semplice: il web non è l’unico servizio della rete. WWW ricorda ciò, in un mondo che ormai usa quasi solo l’accoppiata web+email. Eliminarlo vorrebbe dire dimenticare tutta la gloriosa storia che ha fatto Internet prima del www.
Le ragioni del no
I sostenitori del no, invece, stanno più sul pratico: se una persona usa un browser è ovvio che voglia accedere a contenuto HTTP e non a Gopher, quindi non ha senso specificare un sottodominio specifico per il www.
Inoltre, molte installazioni sono fatte male, ossia consentono un accesso funzionale sia dal dominio nudo che da www, questa cosa crea confusione nei motori di ricerca e quindi punisce il posizionamento del sito nei motori di ricerca.
Oltretutto, dicono, ormai è uno spreco di spazio che induce l’utente a premere per tre volte un tasto altrimenti abbastanza inutile e soprattutto a pronunciarlo. È vero, in italiano diciamo “vuvuvù”, poca roba, ma in inglese dicono “double-u double-u double-u”. Lunghetto. E, alla lunga, sono dati inutili in più che vengono spediti sulla rete.
Poi, c’è anche una ragione d’immagine: il WWW era la modernità vent’anni fa, oggi è una cosa normale. È un po’ come il “2000”: usato nel 1998 era un segno di modernità, usato oggi serve quasi a prendere per il naso quel periodo.
E io chi sostengo?
Come dicevo sopra io, per una questione di brevità, preferisco usare un dominio nudo, anche perché ospito un sottodominio.
Ma non ne faccio decisamente una religione, anzi, vi dirò che approfondendo le varie ragioni mi trovo leggermente più d’accordo con il sì che con il no.
In ogni caso la scelta ottimale varia in base alle necessità ed è quindi importante conoscere le varie posizioni per fare una scelta consapevole.