Ogni tanto se ne esce qualcuno che dice:
Il coding è il futuro. Bisogna studiarlo nelle scuole.
No, no e no! Per favore.
Siamo d’accordo sul fatto che ormai i mezzi informatici siano il futuro e se la scuola del 1800 combatteva l’analfabetismo letterario (male, visto che esiste il semilinguismo, ma son dettagli) quella del 2000 deve combattere quello scientifico, ossia quello che oggi rende le persone impotenti. E, fino a prova contraria, l’informatica è una scienza.
Ma l’analfabetismo informatico non è non saper programmare, è:
- Non sapere la differenza tra il megabyte e il megabit, prendendo una connessione convinti che sia otto (facciamo dieci, vah) più veloce di quanto è
- Non conoscere le basilari forme di sicurezza, specialmente degli smartphone
- Non conoscere le leggi e i diritti digitali
- Non sapere come funzionano e come guadagnano i principali servizi web (hint: Nel 90% dei casi vendendo i dati)
- Non sapere i rischi di diffondere bufale, immagini piccanti e cose del genere
Ecco tutto. È perfettamente inutile spiegare ai ragazzi il C++ se nel frattempo si mandano le foto della bernarda su Snapchat convinti che vengano cancellate e siano irrecuperabili.
Come la patente
Facciamo un paragone: La patente di guida. Si imparano anche alcune basi teoriche sul veicolo ma principalmente di norme di conduzione e di sicurezza.
Non si impara di certo una base totale teorica con la conseguenza di non sapere né riparare un veicolo né guidarlo in modo sicuro.
Un mercato più a rischio
Tra l’altro questa iniziativa rischierebbe di danneggiare la parte più debole del mercato informatico, quella dell’inesperto.
Nessuna azienda informatica assumerebbe uno del liceo classico perché ha fatto un’ora di informatica alla settimana, ma quanti sarebbero quelli che:
Mio nipote di scienze umane fa l’ora di programmazione e mi fa il sito a 60 euro, perché tu me ne chiedi 600?
Ma ovviamente il sito a 60€ non verrà mai bene come quello da 600. Non è una valutazione estetica, che a mettere un tema decente su WordPress son buoni tutti, ma di sicurezza e adattabilità.
Infatti, oltre a danneggiare questa categoria, c’è un enorme rischio sicurezza.
Meno sicurezza
Chiariamo subito che la sicurezza informatica non è una variabile locale ma è una variabile d’ambiente. Un singolo nodo può essere al sicuro, ma se non lo sono gli altri sarà comunque un po’ insicuro.
È come per i vaccini, per capirci. Vuoi che il malware fa un DDoS e quindi la risorsa è inaccessibile anche per chi è al sicuro, vuoi che il traffico di rete è così enorme da fermare tutto, i danni ci sono.
Ecco, dopo 13 anni di “l’ora di coding” una mezza pagina in PHP che estrapola qualcosa da un database la si sa fare. Quindi, magari, il macellaio che vuole fidelizzare i clienti si rivolge al perito turistico che gli butta giù il database.
Tutti contenti? No, perché senza la concezione di sicurezza quel database non offrirà alcuna sicurezza. Magari spiattella tutti gli utenti con una semplice SQL injection, incluse le password rigorosamente in chiaro.
Che sia per uso personale o del piccolo professionista vorrebbe dire comunque avere moltissimo software buggato in più in giro, cosa assolutamente negativa.
Studiarlo in matematica?
Può essere un utile esercizio di logica la programmazione. E, allora, perché non studiarla in matematica come metodo per l’elaborazione numerica?
Programmi come la turtle di Python possono essere utili nell’apprendimento della matematica, senza creare una falsa convinzione di conoscere l’informatica.