Se mi seguite sul mio blog personale (e dovreste!) avrete sicuramente letto che, per varie ragioni, ho installato Manjaro.
E, devo dire, è una bella distribuzione. Al boot ci mette un pochino a partire, qualche secondo in più di Mint, ma ho anche messo la cifratura del disco, quindi è comprensibile
Prime impressioni (scritte a inizio febbraio)
Arch è ben nota per essere una distro leggera, così come le sue derivate, e in effetti il miglioramento delle prestazioni si nota, se alle volte Mint aveva qualche difficoltà per ora Manjaro si è dimostrata sempre abbastanza fluida. L’impostazione grafica con XFCE è molto gradevole e non ha nulla da invidiare a Cinnamon, anche se i colori sono un po’ cupi rispetto alla distro francese.
Tralasciando che Windows ha deciso di dare forfait dopo l’installazione, ma quello potevo aspettarmelo dato che, a quanto pare, non ci vuole stare su quel PC, vengono offerti vari tool grafici per fare cose che normalmente si fanno da terminale e sono preinstallati i più comuni software, oltre ad alcuni software di gestione
Mancano, però, alcune utility “semplificate”: ad esempio la comoda Utility Dischi di Ubuntu e derivate non c’è, obbligando ad usare Gparted. E da qui non può che partire una considerazione…
Una distro per principianti?
Manjaro viene un po’ ritenuta la Ubuntu delle Arch based, una distribuzione che si installa e funziona senza troppi problemi. Questa fama viene probabilmente dal comodo installer grafico, che è essenzialmente a prova di idiota, ma il sistema non è, a mio parere per principianti, è per linxuiani decenti che sono principianti in Arch.
Come già dicevo, alcune utility ormai standard su altre distro mancano: utility disco, utility per creare chiavette avviabili… Ovviamente è tutto installabile, ma per un novellino può essere difficile.
Poi, la vera ricchezza delle Arch based, ossia AUR, è anche una maledizione, specie su Manjaro: per via di come sono organizzati i repo usarlo aumenta la possibilità che qualcosa si rompa: facile da risolvere, ma difficile per un novellino.
Senza contare che sono presenti alcune idiosincrasie linguistiche: alcuni pacchetti hanno il nome in inglese, quindi se cercate “impostazioni” non troverete il pacchetto “settings”, sempre a tema mancano vari alias che, in altre distro, sono normali: se cercate “software” è praticamente sicuro che troverete “gestore pacchetti”, mentre su Manjaro no. Nulla di tragico, prima di tutto perché i software andrebbero installati da terminale e perché poi basta farci l’abitudine, però può essere uno scoglio non indifferente per un utente novizio.
In sostanza, se state impostando il PC per lo zio… Resterei su Mint. 🙂
Cambio del DE (qualche giorno dopo)
Alla fine ho deciso di installare Cinanmon, con la quale mi trovo di più, e l’installazione è davvero semplice, basta seguire la guida sul Wiki (cosa che vale per la gran parte dei problemi su Arch e Manjaro) e tutto funziona, bisogna ricordarsi ovviamente di cambiare DE al riavvio (indovinate chi non l’ha fatto!), sennò ci si ritrova con un po’ di asset di Cinnamom su Xfce.
C’è da dire che Xfce era configurato in modo davvero gradevole e usabile dall’utente medio, però mi trovo decisamente più a casa con Cinnamon.
Dopo due mesi (primi di aprile)
Ben felice di aver installato Manjaro. Resto dell’idea che sia una distro un pochino particolare, che non è propriamente adatta ai principianti, ma non ho riscontrato problemi, nonostante la natura Rolling della distro, anzi, avere la possibilità di avere sia gli ultimi aggiornamenti sia i pacchetti AUR è davvero interessante.
Inoltre, cosa ben più importante, il cambio di ambiente mi ha ridato una certa voglia di riapprofondire Linux che, semplicemente, stando sempre sulla stessa piattaforma avevo perso: ero quasi diventato una macchinetta di comandi per Debian, ora invece conosco decentemente un altro ambiente ed è parecchio stimolante.
Vi consiglio assolutamente di provare una Arch Based. È un’esperienza linuxianamente interessante.
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